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CURIOSITA'

FORSE NON TUTTI SANNO CHE...



... LA CLASSICA FRASE SCRIPTA MANENT, VERBA VOLANT IN REALTA' SIGNIFICA...

"Le parole scritte, fin dai tempi delle prime tavolette sumere, erano intese per essere pronunciate ad alta voce, perchè quei segni recavano implicita una sorta di anima, che era il loro suono. La frase scripta manent, verba volant - che ai giorni nostri è passata a significare "ciò che è scritto rimane, ciò che è detto svanisce nell'aria" - esprimeva l'esatto opposto; fu coniata in lode della parola pronunciata ad alta voce, che ha le ali e può volare, rispetto alla parola muta scritta sulla pagina, che è immobile, morta. Di fronte a un testo scritto, il lettore aveva il compito di dar voce alle lettere mute, scripta, e di farle diventare, nella delicata distinzione biblica, verba, parole dette, spirito".
Alberto Manguel, Una storia della lettura



... LA PUNTEGGIATURA è UN'INVENZIONE "RECENTE" ...

"Fino al Medioevo inoltrato, gli scrittori presumevano che i loro lettori avrebbero ascoltato e non semplicemente guardato il testo, come del resto essi stessi pronunciavano ad alta voce le parole che andavano scrivendo. Benché colro che sapevano leggere fossero relativamente pochi, le letture pubbliche erano un fatto usuale, e i testi medievali iniziano spesso invitando il lettore a "prestare orecchio" a un racconto. Può darsi che un'eco ancestrale di queste pratiche sia rimasta nel linguaggio moderno; per esempio quando diciamo: "Ho sentito da Tizio" (intendendo: "Ho ricevuto una lettera"); "Dice Tizio" (nel senso di "scrive"), o "Questo brano mi suona male" (ossia "non è ben scritto").
Poiché i libri erano soprattutto letti ad alta voce, le lettere che li componevano non avevano bisogno di essere separate in unità fonetiche, ma correvano in un'unica lunghissima sequenza. [...]
L'antica scrittura su rotoli - che non separava le parole né distingueva tra maiuscole e minuscole, e non usava punteggiatura - era concepita ad uso di chi era abituato a leggere ad alta voce, affidando all'orecchio il compito di districare ciò che all'occhio sembrava una striscia ininterrotta di segni. [...]
La punteggiatura, inventata secondo la tradizione da Aristofane di Bisanzio (vissuto attorno al 22 a.C.) e perfezionata poi da altri dotti della Biblioteca di Alessandria, era quanto mai aleatoria. Agostino, come Cicerone prima di lui, doveva impratichirsi di un testo prima di leggerlo ad alta voce, perchè la lettura a prima vista era a quei tempi inconsueta, e spesso comportava errori di interpretazione. Servio, grammatico del IV secolo, critica il collega Donato per aver letto nell'Eneide di Virgilio le parole collectam ex Ilio pubem ("gente radunata da Troia"), invece di collectam exilio pubem
("gente radunata per l'esilio").  Equivoci del genere erano frequenti nella lettura di un testo privo di stacchi fra una parola e l'altra. [...]
La separazione delle lettere in parole e frasi si sviluppò molto gradualmente. La maggior parte delle scritture più antiche - i geroglifici egizi, il cuneiforme sumerico, il sanscrito - la ignoravano. Gli scribi erano talmente abituati alle convenzioni del loro mestiere, che non avevano quasi bisogno di sussidi visivi, e i primi monaci cristiani spesso conoscevano a memoria i testi che dovevano trascrivere. Per aiutare chi non era molto abile nella lettura, i monaci degli scriptoria facevano uso di un metodo di scrittura chiamato per cola et commata, in cui il testo era diviso in righe aventi un senso compiuto - una primitiva forma di punteggiatura che aiutava i lettori inesperti a capire quando dovevano alzare o abbassare il tono di voce. (E serviva anche agli studiosi per trovare più facilmente un certo passo)".

Alberto Manguel, Una storia della lettura




... LA PIU' FORNITA BIBLIOTECA DELL'ANTICHITA' SI TROVAVA A ...

La biblioteca di Alessandria fu la più grande e ricca del mondo antico ed uno dei principali centri culturali ellenistici. Molti filosofi e uomini di scienza si recavano lì per fare delle ricerche ed ampliare le proprie conoscenze.
La civiltà egizia, soprattutto sotto il regno dei Tolomei, seppe dare un nuovo impulso al sapere.
Duemilatrecento anni fa ad Alessandria d’Egitto sorse un grandioso complesso dotato di due biblioteche, un osservatorio astronomico, un orto botanico, un giardino zoologico e varie collezioni d’arte. Tale struttura prese il nome di Museo, cioè "casa delle Muse", le dee greche protettrici di tutte le attività intellettuali e artistiche dell’uomo.
Il Museo era un vero e proprio centro di ricerca, simile a un’università dei nostri giorni, dove gli scienziati provenienti da tutti i paesi d’Oriente potevano dedicarsi allo studio, alle ricerche personali e alla produzione letteraria e scientifica.
Per tre secoli la Biblioteca (dove venivano raccolti i testi), il Museo (dove venivano redatte le rispettive relazioni critiche) e i loro studiosi fecero di Alessandria la capitale intellettuale del mondo greco. Nonostante la tradizione ne attribuisca il merito a Tolomeo II il Filadelfo, fu Tolomeo I Soter colui che per primo sostenne e finanziò il progetto della costruzione della biblioteca ad Alessandria, biblioteca che nei disegni del faraone non solo doveva trasformarsi nel più importante centro di aggregazione e documentazione per i saggi e i dotti del tempo, ma doveva contenere all’interno delle sue mura la più grande collezione di libri mai vista prima, trasformandosi in centro di raccolta di tutto lo scibile umano.
Tolomeo II il Filadelfo, che regnò dal 282 al 246 a.C., fu il continuatore dell’opera iniziata dal padre e colui che maggiormente contribuì all’ampliamento dell’archivio e dei testi presenti nella biblioteca. Creò, infatti, il cosiddetto “fondo delle navi”: in pratica il sovrano ordinò che tutti i libri presenti sulle navi che facevano scalo ad Alessandria (che all’epoca era un porto commerciale attivo e rinomato) venissero ricopiati, che gli originali fossero trattenuti e che ai possessori fossero restituite le copie. Inoltre, si attribuisce sempre a Tolomeo II l’iniziativa di inviare un appello a tutti i reggenti della terra affinché gli inviassero qualunque opera in loro possesso su qualsiasi argomento.
Il disegno perseguito dai Tolomei, e messo in pratica dai loro bibliotecari, non comprendeva solo la raccolta dei libri di tutto il mondo ma anche la loro traduzione in greco, svolta da specialisti provenienti da diversi paesi esperti nella propria lingua e in quella greca. A tal fine vennero costruite strutture imponenti ed efficienti per accogliere tutti i più illustri pensatori del Mediterraneo e vennero chiamati alla corte i più grandi storici, filosofi e matematici del tempo, mettendo a loro disposizione oltre mille scribi viaggiatori che girarono il mondo all'epoca conosciuto, raccolsero tutto il materiale in circolazione e lo trascrissero su rotoli di papiro. La Biblioteca antica vantava oltre settecentomila volumi, tutti quanti catalogati, anticipando le più moderne biblioteche oggi conosciute.






INDICE:

Scripta manent, verba volant

La punteggiatura è un'invenzione "recente"

La più fornita biblioteca del mondo antico